articoli

Vigyan Bhairav Tantra

La nascita delle 112 carte...

Un articolo tratto da Osho Times n. 286

 

Carte del Vigyan Bhairava Tantra


 

Shivananda racconta come arrivò a disegnare le carte del Vigyan Bhairav Tantra, anche noto come The Book of Secrets, Il Libro dei Segreti.
Da un’intervista di Punya, Osho News



Un giorno Garimo, allora direttrice dell’Ufficio Pubblicazioni nella Co­mune di Pune, durante una riunione, annunciò la sua decisione di ripubblicare il Book of Secrets, non più in cinque, ma in due volumi, e chiese: “Chi vuole essere il designer del progetto?”. Sapevo di voler essere io, quindi dissi sì immediatamente.

Sin dalla mia iniziazione al sannyas e dal sogno che feci quella notte, in cui Osho mi chiedeva se conoscessi i 112 segreti, il Book of Secrets è diventato un compagno di vita intimo e costante. Ogni volta che avevo una domanda, prendevo uno dei cinque volumi, chiudevo gli occhi e aprivo una pagina a caso. Funzionava proprio come un oracolo attraverso cui tante volte ho sentito che Osho mi aveva dato un chiaro messaggio. Quindi, tra tutti i libri di Osho, questo era il MIO libro, quello che mi sarei portato su un’isola deserta.

La decisione di adottare il formato Rebellious Spirit, cioè come avevamo chiamato il layout quadrato a due colonne divise da un filetto, arrivò molto rapidamente. Dopo un paio di mesi di progettazione delle pagine interne, che inclusero molte prove con i tipografi, la polizia fece irruzione per controllare tutti i visti. La Comune chiese a tutti coloro il cui visto era scaduto di andarsene e io ero uno di loro. Era scaduto da tempo, quindi comprai un visto di uscita e tornai in Europa.

Non terminai il progetto. Anugito, un altro designer, prese il mio posto.

Sei mesi dopo, dopo aver messo da parte un bel po’ di soldi in Germania, disegnando layout di riviste (Cosmopolitan, Focus, Ambiente), tornai con il desiderio di fare una vacanza, almeno da qualsiasi cosa che avesse a che fare con il design.

Un giorno seguii un amico in cima al tetto di Krishna House dove lavorava come creatore dei cartelloni pubblicitari per le attività della Multiversity. Quando entrai in quello spazio avevano appena messo un po’ di musica da discoteca e tutto lo staff stava ballando. Ci furono molte risate e battute. Io mi sentii subito a casa in quell’energia giocosa e loro mi chiesero: “Perché non ti unisci a noi?”. Dopo una settimana diventai addirittura il loro coordinatore!

Evitavo religiosamente di attraversare la stradina secondaria che conduceva a Mirdad, dove si trovava l’Ufficio Pubblicazioni, ma poi un giorno la curiosità mi ci portò.

“E il Book of Secrets? Che cosa ne è stato?” chiesi.

“Abbiamo quasi finito. È pronto per andare in stampa”.

Tornai a casa e la mattina dopo, abbastanza presto, subito dopo essermi svegliato, udii una voce interiore che diceva: “Nel libro deve esserci un elenco di tutti i 112 sutra”.

Pensai: “È strano, ma in qualche modo ha senso. Dovrebbe esserci un elenco! Ricordai anche che una volta Osho aveva menzionato a Rajneeshpuram che leggendo tutti i 112 sutra avremmo trovato il nostro sutra, la nostra tecnica di meditazione. Avremmo sentito una risposta dentro di noi, qualcosa dentro scattare.

“Questo è importante. Vado a dirglielo”.

Così ritornai a Mirdad e dissi: “Sapete, ho appena avuto l’intuizione che do­vrebbe esserci un elenco dei 112 sutra”.

E la risposta fu: “Oh mio dio, lavoriamo a questo libro da così tanti mesi che siamo stanchi e veramente felici che sia finalmente finito. No, non facciamo più niente, è fatta. Il libro è finito”.

Pensai: “Che cosa sto facendo? Sono stato via per tanto tempo e adesso lavoro per un altro dipartimento. Non ho il diritto di interferire”.

Tornai a casa e la mattina dopo la stessa voce disse: “Non solo dovrebbe esserci un elenco dei 112 sutra, ma dovrebbero esserci 112 carte!”.

Pensai: “È un’ottima idea”, ma pensai anche che sarebbe stato troppo ritornarci nuovamente con un’altra idea. La mattina seguente la voce si fece un po’ più forte e disse: “Non dovrebbero esserci solo le 112 carte dei sutra, ma anche delle illustrazioni!”.

Per me aveva senso, perché in quel modo non solo era possibile scorrere le carte e trovare la propria meditazione, ma sarebbero state anche molto più belle da vedere.

“Wow, è fantastico”, pensai. “Sarebbe grandioso!”.

All’epoca Garimo era la mia ragazza e sapeva di questa storia in corso con le voci e suggerì: “Be’, perché non parli con Wadud (Prasad)? Lui ci lavora con queste meditazioni e ha una comprensione più ampia. Chiedi la sua opinione”.

Così andai a incontrare Wadud. Uscimmo in giardino; lui si sedette e io gli raccontai la storia. Poi disse: “In realtà, non credo che sia una buona idea. Tante persone stanno già usando altre carte in modo improprio e di queste farebbero un uso ancora più improprio. Le carte perderebbero il loro valore. Queste meditazioni sono dei gioielli e giocarci a carte non è la cosa giusta. Quindi è meglio non farle”.

“Sì, bene, bene. Grazie per il tuo contributo” risposi, sollevato dal fatto che il mio problema fosse ora risolto.

La mattina dopo, quando mi svegliai, non c’era solo una vocina, c’era una voce tonante che diceva: “Se anche solo una persona su mille traesse beneficio dalle carte, varrebbe co­munque la pena di farle”.

La mia reazione fu: “Mio dio!”. Era così forte. “Cosa succede? Come posso contestare ciò?”. Percepii la sua verità. Se una persona su mille ne traesse beneficio...

Raccontai a Garimo la mia esperienza e in modo molto pratico lei disse: “Be’, ora c’è solo un modo. Vai a trovare Anando”. Era una delle segretarie di Osho.

“Se anche Anando dice di no, immagino che sia finita”, pensai e andai nel suo ufficio a Lao Tzu House.

Le raccontai tutta la storia; l’elenco, le carte, ciò che aveva detto Wadud, tutto. E lei esclamò: “Che bella idea! Oh, l’adoro. Che bella idea” e poi mi chiese: “Farai tu le 112 carte?”.

“No, no, no, no, no. Io volevo solo contribuire con l’idea. Non voglio farle io”.

“Bene”, disse facendo una pausa. Poi mi guardò dritto negli occhi e chiese: “Allora chi realizzerà queste carte?”.

In quel momento successe qualcosa dentro di me: fu come udire me stesso dire: “Va bene, le farò io”. Una sorta di resa accadde da qualche parte, anche se la mia mente non riusciva a credere a quello che avevo appena detto.

Anando aggiunse: “Vai subito da Jayesh e verifica che vada bene anche dal punto di vista economico”.

Andai da Jayesh, il boss dei boss. lo beccai da qualche parte in un corridoio di Krishna House e gli raccontai la storia in breve. Lui si fermò, alzò lo sguardo in aria e disse: “Sì, penso che sia una buona idea. Venderà. Sì, facciamolo”.

Era fatta! A quel punto, a un certo livello, avevo ancora sperato che dicesse di no...

Dopodiché andai all’Ufficio Pubblicazioni e chiesi: “Avete saputo del Book of Secrets?”.

“Sì, sì, è finito!”

“Be’, mm… No, non è ancora finito”.

Raccontai loro tutta la storia e la risposta fu: “Be’, Shivananda, pare proprio che tu abbia trovato un lavoro. Quale scrivania vuoi?”...

 

Continua su Osho Times n. 286

 

Articolo apparso in inglese su oshonews.com

 

Shivananda

Shivananda