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La magia di incontrare...
...il maestro, se stessi, gli amici, gli sconosciuti

 

Ecco due bellissime condivisioni su Meditando dell'anno scorso l’edizione estiva, più intima e raccolta, dell’OshoFestival, anche quest’anno a Salsomaggiore Terme, 10/12 luglio...

 
 
Da un articolo di apparso su Osho Times n 219
 
 
 
 
Ho fatto un salto nella casa di Osho per Guru Purnima
di Suha

Quando sono in Italia mi capita di osservare tutto con gli occhi meravigliati di chi vive quasi sempre all’estero e la cosa che mi colpisce è trovarmi tra persone che parlano tutte la mia stessa lingua! Anche per questo ho “sbirciato” spesso, nei programmi dei miei spostamenti, una possibilità di celebrare con Osho Expereince in una delle sue numerose iniziative! Ed è fi­nal­mente successo l’anno scorso. Ero an­cora in Italia a luglio, giusto in tempo per Meditando, che cadeva proprio in concomitanza con Guru Purnima, il grande Festival della Luna Piena dedicata ai maestri. Conosco il profumo di questo Festival in India, dove è considerata una tradizione per tutti i discepoli andare a rendere omaggio a casa del maestro. Avere tale opportunità in Italia era per me così prezioso che era impensabile andarci senza mia sorella Jivanmukta e poi, una cara amica, Carmen di Roma, si è unita a noi.
Trovarsi in tali occasioni con persone a cui tieni fa una piccola grande differenza. Interagire nello stesso ambiente meditativo fa sentire ancora di più sulla stessa lunghezza d’onda, nello stesso processo di trasformazione. Dividere una stanza a tre è stato poi un “lusso” di risate a crepapelle.
A Salsomaggiore non ci ero mai stata: una sorpresa di verde lussureggiante, di cittadina di vacanza, di terme fuori stagione, praticamente il meglio! L’impressione è che le abbiamo dato, per pochi giorni, un’anima. L’albergo, pardon, il signor albergo con i suoi saloni, le camere e i pasti, che pasti! Confort, lusso, abbondanza ovunque. Proprio come ama Osho. E poi il cuore di tutto, il Palazzo dei Congressi, salone immenso addobbato e affrescato come si conviene, con una lunga fila di sedie che accarezzano i muri.
“È proprio qui che volevo venire, a casa di Osho, per Guru Purnima”.
E gli amici di sempre ritrovati, Gila, Akarmo, Dhana, Sahaja, Sakshin, quelli che – con passione, sensibilità e devozione – rendono possibile dare a Osho un “tetto” dove discepoli e innamorati possono venire a celebrare, meditare e vivere in allegria e leggerezza di cuore per tre giorni. Un regalo prezioso, insostituibile, indimenticabile. Per Jivanmukta poi, è stata una grande sorpresa ritrovare vecchi amici che non vedeva da anni, rimmergersi in un bagno esistenziale di energia condivisa.
Prima che abbia inizio il programma, dico a Shunyo che, nonostante porti gli apparecchi acustici, non ci sento, ma che probabilmente non importa. “No, no, Suha, dice lei, è importante sentire bene!”. Un segno di intesa con Akarmo: “Ma perché non ti metti sotto l’altoparlante?”. Idea geniale, “Ma sono lì sotto gli occhi di tutti”, penso tra me e me. Ma mi accorgo ben presto che ognuno ha occhi per altro, dentro se stesso, dentro il processo, dentro le parole tradotte da Ansula, dentro la voce vellutata, paziente e che “sa” di Shunyo, dentro la musica di Marco, dentro il silenzio onnipresente. Mi colpisce la lentezza del ritmo che la traduzione porta nell’assimilazione dei concetti. Una frase di Shunyo in inglese, poi la stessa frase tradotta fedelmente da Ansula. Un’altra frase di Shunyo e così via. Dà al ritmo del momento un sapore particolare, c’è tutto il tempo per capire e dentro di me faccio a Shunyo tanto di cappello, perché occorre grande esperienza della meditazione per formulare concetti, ricordandosi la frase appena terminata. Forse è per quello che le frasi sono così corte! E mi assesto meglio sul cuscino, rilassata. E anche se mi sfugge qualcosa dell’inglese, persa nei pensieri, posso sempre rifarmi con la traduzione... ah cara mente mia… E comincio a credere che la traduzione sia non solo una necessità, ma anche un ottimo espediente. Shunyo, mi raccomando, non imparare mai l’italiano, per favore, o se lo impari, non usarlo mai in simili occasioni!
Siamo in tanti, più di centoventi, con tante teste, tanti mondi separati, tanti stili di vita differenti, di ogni età, di ogni ceto sociale, eppure con un solo cuore che vibra, le cui corde sono toccate con grazia – e in punti diversi per ognuno – dal nostro grande maestro. C’è qualcuno che non conosce ancora la sua magia? Una domanda mi viene però spontanea: tutti così diversi, tutti così unici, ma dove lasciamo le nostre diversità, le nostre preoccupazioni, le nostre menti per vivere e vibrare all’unisono? E mi accorgo che per me la decisione di partecipare, la preparazione al viaggio, il tragitto in treno hanno lo stesso effetto purificatore del “ponte” su due specchi d’acqua che Osho ha voluto a Pune per ricordarci di lasciare la mente da parte prima di entrare a casa sua. E poi le scarpe lasciate all’entrata, in ordine, in disordine, sparpagliate, spaiate, accavallate, diritte, storte, non importa per questa volta, ma lasciate all’entrata. E la mente lì con le scarpe.
Il programma ha inizio. Diventa facile meditare insieme. Scivolo nel mio cielo interiore dove non esiste più il confine limitato del corpo: penso di essere io più presente, ma no, è anche tutto l’ambiente che sostiene il mio scivolare. E il grande direttore d’orchestra, il maestro di ogni movimento, l’energia, vibra in ognuno, muove ogni essere vivente. L’energia di tutti noi che meditiamo insieme spinge dolcemente dentro di sé.
Alle meditazioni da seduti si susseguono le danze, occasioni per interagire con gli altri pur non conoscendoli, scoprendo nei volti un invito ad aprire il cuore. E anche qui è l’energia a guidare i miei passi, a farmi accostare ad altri, a volti altri da me e altri volti di me. E ogni tanto chi vedo mai tra i meditatori in sala? Ma sono Akarmo e Gila che appena possono schizzano dentro e si perdono in un giro di danza. Tocca il cuore vedere la loro gioia, la loro freschezza e il loro entusiasmo. (Sahaja e Dhana non possono, devono tenere le posizioni all’esterno e Sakshin arriva domani!). E quando poi Shunyo scende dal palco per unirsi a noi, allora c’è un diverso turbinio nell’aria: ho danzato con Shunyo, wow, ad ali spiegate. Con lei si danza solo così, ad ali spiegate. Marco no, lui resta sul palco, lui è la musica che ci guida e che sa bene in che spazio portarci con le sue composizioni!
E poi succede il patatrak. Siamo alla Stop Dance e mi trovo lontano dall’altoparlante. Sento la musica e poi lo “Stop” e poi più nulla e, come mi racconta Jivanmukta, mi ritrovo immobile come una statua in posizione di “Stop” sola in meditazione profonda in mezzo all’immenso salone. La meditazione era da tempo terminata. Solo per un attimo perplessa, Shunyo si gode lo spettacolo  (“Com’eri dolce” mi dice dopo), poi fa cenno a qualcuno e mi sento dolcemente toccare sulla spalla. Apro gli occhi e vedo che tutti hanno formato un grande cerchio intorno a me. Solo Yatri, che non me ne lascia mai scappare una, mi dice: “Ci sei riuscita, vero, Suha, a farti notare?”. “Oh che sì”, gli rispondo felice.
La fame ci riporta nel corpo e a gruppetti, sotto braccio, tenendoci per mano, chiacchierando ci si muove tutti nel signor albergo dove si spalancano – letteralmente – i saloni: grandi tavole rotonde da 8 dove è ancora l’energia a far scegliere di sedersi qui piuttosto che là, con queste persone piuttosto che con quest’altre, almeno per questo pasto, con grande disappunto dei camerieri che non sanno più dove mettere i tovaglioli di stoffa già usati! Ed è intorno a queste tavole e a questi banchetti succulenti che si intrecciano le nuove amicizie, che si rinsaldano le vecchie, che vengono bisbigliati alle orecchie i  piccoli segreti del cuore. Ma toh, un volto noto in facebook, Deben, si trasforma in abbraccio e in simpatico compagno di tavola.
Oggi sabato 12 luglio c’è un brulichio diverso nell’aria. Si riprende il programma che sta salendo in un crescendo: le musiche, le danze, i giochi, le meditazioni. Assistiamo a un bellissimo video di Osho, con dei sottotitoli a pennello, un’immagine perfetta e uno schermo che non ci si può aspettare di meglio.
Dopo cena ci aspettiamo di vedere alta nel cielo la Luna Piena, lo scrutiamo intensamente, ma le nubi ce la nascondono. E mi ricordo improvvisamente che in India la Luna Piena di luglio accade sempre in un cielo da monsone denso di nuvoloni e mi viene da sorridere perché anche qui siamo perfettamente in sincronia. È il momento di una bellissima e profonda meditazione guidata con musica di Marco che, per commemorare l’evento “indiano” ha registrato scrosci incessanti di pioggia con tuoni e lampi. Ma qui siamo tutti quanti senza fiato, colti da una bella sorpresa. Cosa sta succedendo mai? Non sono questi tuoni veri e scrosci di pioggia che vengono dal cielo sopra Salsomaggiore? Sono così forti che non dubito per un istante di averli uditi pure io. Ma mi dico non sarà per caso stato Dhana, che pensando a tutto, ha fatto in modo che, al momento giusto, arrivasse il temporale dall’India? Strano davvero però, perché quando usciamo, le strade sono bagnate, sì, ma di acqua neppure più una goccia in giro. E io, dentro di me, sorrido. Non è forse vero che le cose vanno dove devono andare e stanno dove devono stare?
Il dulcis in fundo, la cerimonia dell’iniziazione al sannyas, la domenica 13 luglio. Ormai solo Marco resta sul palco, con la musica di una chitarra che elettrizza. Tutti noi in piedi in semicerchio dietro i nuovi sannyasin seduti su cuscini, testimoni di un evento che continua a trasformare la nostra vita e che a sua volta trasformerà anche la loro. Sono così belli, così arresi, così luminosi. L’energia che mandiamo e quella che riceviamo da loro è così intensa che si può toccare con mano, come una pioggia di fiori freschi scesi da chissà dove. E nel grande salone comincia a diffondersi un profumo – oh come non riconoscerlo – l’aprirsi di un cuore ha la fragranza di un fiore, “questo” è il profumo di Osho. Non conosco i nomi delle persone che hanno preso il sannyas, i nomi di quelle con cui ho danzato, quelle che ho abbracciato, ma ricordo il sorriso sui loro volti, il silenzio nei loro gesti e lo spazio che abita nei loro cuori.
E questo è il solo contesto in cui le cose che veramente contano – quelle invisibili, quelle silenziose – possono accadere per ognuno. E dico a Jivanmukta: “Non siamo forse fortunati?”.


Condividere una scintilla meravigliosa
di Pascal

Ho partecipato per la prima volta a un evento di Osho nel 2013: l’OshoFestival di Riccione e poco dopo sono andato a Meditando, allora a Verbania, con Anando, Shunyo e Marco.
Ma prima di iniziare il mio racconto, vorrei descrivere brevemente come sono entrato nel mondo dei sannyasin.
Spesso si aspetta di essere con le spalle al muro per maturare e trovare il coraggio di fare il punto della situazione e agire.
Per me è stato proprio così. Osho è stato la mia salvezza nel momento in cui ho dovuto affrontare la separazione dalla mia compagna e vedere crollare il motivo della mia trasferta da Parigi – sono francese – all’Italia. Leggere un suo libro e soprattutto scoprirlo, per caso, nella libreria di famiglia (della mia ex) è stato provvidenziale. Il titolo è La creatività, essere creativi per sprigionare le forze interiori. Leggerlo prima e durante  la colazione mi dava una strana serenità. Compresi che, anche leggendo solo poche pagine di quel libro, mi sentivo molto sereno e in pace con me stesso. Non capendo il perché, leggevo pagina dopo pagina il “racconto” di Osho e acquisivo fiducia in me stesso, tenendo a bada la situazione critica della mia vita di coppia e di papà. Questo fu l’inizio, piano piano, della mia partecipazione a eventi locali presso i centri di Milano e dintorni: Shunyata, Shantisaburi e Gautama.
Questa fase, diciamo preparatoria, mi portò a partecipare per la prima volta a un evento importante come l’OshoFestival e a seguire Meditando.
La frase slogan del “Barba Master”, Osho, a Meditando 2013 era: “L’esistenza è molto giocosa, piena di gioia, d’energia... viva! Per essere in sintonia con lei devi essere uguale: diventa una canzone, diventa una festa. Non perdere nessuna occasione per festeggiare. E quando sei felice, questo è il momento giusto per meditare. Puoi cavalcare quest’onda di gioia verso realtà più alte!”.
Come sempre, le frasi di Osho mi colpiscono, dandomi una serenità che mi aiuta ad andare avanti sempre. Di certo, andare a un Festival di meditazione, per uno come me o meglio per l’idea che avevo di me – razionale, timido, poco preparato ad andare da solo a un evento, etc. – è stato una bella sfida. Ma ce l’ho fatta, proprio pensando solo a me stesso, escludendo tutti i pregiudizi e preconcetti possibili. Sono andato anche oltre l’idea che tanti si fanno che Meditando e gli OshoFestival siano solo attività per hippie, o drogati.
L’OshoFestival mi ha fatto scoprire e provare l’ebbrezza dell’evento grande, Meditando mi ha portato la gioia del contatto personale, più intimo sia con gli altri partecipanti che con i conduttori.
Già subito alla registrazione mi sono sentito accolto da Gila che avevo già conosciuto a Riccione e Sahaja dell’Osho Times.
Era solo l’inizio, poi per tutto il weekend è stata una crescente sensazione di accoglienza. Partecipare a Meditando non vuole dire essere in mezzo a degli esagitati! È un ambiente familiare, con amici. Anche se non si conosce nessuno o solo di vista non ci si sente soli. Gli eventi aiutano a prendere fiducia in se stessi anche solo ballando, ad esempio, la tecnica della Stop Dance. Quando parlo ai miei amici della bellezza della meditazione mi rispondono: “Ma dai, le meditazioni sono robe tristissime, dove non pensare a niente ti fa pensare a tutto tranne al rilassamento”. È vero, tanti pensano alla meditazione come un’immagine a gambe incrociate che fa un mudra con le mani! Ma non è così e voi che leggete ora la mia esperienza sapete senz’altro che le meditazioni di Osho sono molto diversificate! Quello che mi piace di Osho è che non c’è un rituale specifico, ma esiste una tecnica per tutti i gusti o i momenti della vita.
La magia di partecipare a un evento come Meditando è anche il momento del pranzo tutti assieme o delle camere condivise (se è la formula albergo economica che uno sceglie). Sembra buffo, ma a 43 anni ho scoperto, durante Meditando, la gioia di dormire in un dormitorio da 6 persone e di mangiare in tavolate di “amici” sconosciuti. Questi amici sconosciuti sono diventati amici veri con i quali corrispondo tuttora, regolarmente. Quando ci vediamo, dal vivo, in un evento o altro, ci abbracciamo a lungo e condividiamo una scintilla meravigliosa.
Vivere con leggerezza è uno degli insegnamenti che ho imparato da Osho e sono proprio grato al momento del Festival che mi ha portato così tante nuove esperienze e mi ha aiutato a scoprire me stesso in tutti sensi. Meditando è stato e rimane per me il momento clou dove ho incontrato persone meravigliose.

Per maggiori informazioni: oshoexperience.it/meditando