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Dov'è la tua forza vitale? 

Sutra e storie antiche per una verità quanto mai contemporanea in un testo leggero e divertente 

Un raro brano di Osho apparso su Osho Times n. 261

 

Osho



Shiva dice:
Dopo aver conquistato gli attaccamenti in modo permanente, si raggiunge una saggezza spontanea.

 

Solo quando gli attaccamenti sono completamente conquistati la vittoria è completa. Qual è il significato dell’attaccamento? È l’atteggiamento: “Non posso vivere senza gli altri, l’altro è il centro della mia vita”.

 

Devi aver letto la favola per bambini in cui c’è un re la cui forza vitale è racchiusa in un uccello, un pappagallo o uno storno. È impossibile uccidere il re. Un proiettile passerà attraverso il suo corpo e il re rimarrà vivo. La freccia perforerà il suo cuore, ma il re non morirà. Puoi avvelenarlo, ma non sarà ucciso. Devi trovare l’uccello in cui è nascosta la sua forza vitale. Uccidi l’uccello e il re morirà. 

 

Queste favole sono molto significative, anche gli adulti farebbero bene a comprenderle.

Attaccamento significa: non vivi in te stesso, vivi per qualcos’altro. Ad esempio, la vita di alcune persone ruota intorno ai soldi. Se tiri loro il collo non succede nulla, ma se rubi i loro tesori, moriranno. La vita di queste persone sta nella loro ricchezza. Se tocchi il loro conto in banca sarà un colpo mortale per loro. 

Attaccamento significa che hai rimosso la tua forza vitale da te stesso e l’hai messa altrove. Alcuni la ripongono nei figli, altri nella moglie, altri nella ricchezza o nella posizione sociale, ma sempre da qualche altra parte. 

La forza vitale non vibra dentro di te. Non è dove dovrebbe essere e quindi sei nei guai.

Questo attaccamento è il samsara, è mondanità. Ovunque collochi la tua forza vitale, ne diventi schiavo. Il re la cui forza vitale è nel pappagallo è schiavo di quel pappagallo. La sua stessa vita dipende dal pappagallo. Se il pappagallo muore, muore anche lui, quindi proteggerà il pappagallo con la sua vita.

 

C’era una volta un re che era molto deluso dal suo astrologo. L’astrologo aveva predetto la morte del primo ministro che il giorno dopo era morto! Il re era molto preoccupato. Sospettava che il suo primo ministro fosse morto a causa della predizione. Era morto a causa di un incantesimo lanciato su di lui dalla predizione dell’astrologo. Il re pensò: “Se dice la stessa cosa di me, sicuramente morirò”. Era influenzato dalle sue parole.

Fece gettare l’astrologo in prigione. Quando l’astrologo chiese al re perché fosse stato imprigionato, il re disse: “Sei un uomo pericoloso, non credo che il primo ministro sia morto di morte naturale: quello che hai detto lo ha influenzato profondamente. Le tue parole lo hanno ipnotizzato!”.

L’astrologo disse: “Prima di buttarmi in prigione, ascolta quello che ho da dire sul tuo futuro, l’ho già visualizzato”. Il re si rifiutò di ascoltarlo, ma l’astrologo gridò: “Morirai tre giorni dopo la mia morte”. 

A quel punto il re era davvero nei guai. 

Mantenne l’astrologo a palazzo e lo fece sorvegliare giorno e notte. Lui stesso si prendeva cura del suo benessere, perché la morte dell’astrologo avrebbe significato la morte del re.

 

Ovunque poni il tuo vero essere, diventi schiavo. 

Osserva le persone che si avvicinano alla cassaforte con le mani giunte, come se andassero al tempio. Alcuni vi hanno impresso ogni genere di santa iscrizione, come se fosse il luogo in cui risiede dio. La adorano.

Durante le festività di Diwali, in India, dovreste vedere questi pazzi adorare le loro ricchezze, con tale trasporto! Il loro comportamento meriterebbe di essere studiato. 

Ogni anno in questo periodo, i commercianti iniziano il nuovo registro contabile. Nella prima pagina disegnano una svastica, il simbolo di Ganesh, e scrivono: “Mi inchino a Ganesh”.

Questo Ganesh è un vecchio piantagrane. La storia antica dice che Ganesh è il signore di tutti gli ostacoli, una specie di dio guastafeste. Prima di tutto, non ha una testa tutta sua (Ganesh ha la testa di un elefante, N.d.T) e chiunque non abbia una testa propria è davvero pazzo! Può fare l’impossibile.

Tutto su di lui è ambiguo e confuso. Si siede a cavalcioni di un topo e lo cavalca. E il topo è il simbolo del ragionamento e della logica. E la logica è affilata come i denti di un topo: morde e fa le cose a pezzi. 

Non puoi dipendere dalla logica, perché ovunque sia presente una logica si genera una grande quantità di ostacoli. Se la vita di una persona è pervasa dalla logica, sarà piena di confusione e caos; perderà tutta la pace e la tranquillità.

È storia antica che Ganesh è un dio che crea problemi. Ogni volta che c’è un’occasione propizia, lui si presenta. 

Le persone avevano paura di lui. Stavano davanti a lui con le mani giunte e lo pregavano di non creare problemi negli affari. A poco a poco la gente cominciò a considerare Ganesh, che era in origine un creatore di guai, come a un risolutore di problemi, ma hanno dimenticato la vera storia. Hanno ragione quando giungono le mani e lo pregano di aver pietà di loro.

La cortina degli attaccamenti significa che la tua anima è prigioniera altrove. Che sia legata a tuo figlio, a tua moglie o alla tua ricchezza, non fa differenza. Ciò che conta è il fatto che la tua anima non è dentro di te; questo è attaccamento. 

Una conquista permanente dell’attaccamento significa che hai rinunciato a tutta la tua dipendenza dagli altri. Ora non dipendi più da qualcun altro per vivere. La tua vita dipende interamente da te. Sei centrato all’interno di te stesso. Hai fatto della tua esistenza il tuo centro. 

Ora se tua moglie muore o se la tua ricchezza scompare, non importa affatto, perché sono solo onde superficiali. Quindi, che tu abbia successo o meno, che sia felicità o dolore, non fa differenza, perché la differenza era causata dalla tua dipendenza.

Vittoria sull’attaccamento significa diventare completamente indipendenti. Significa il sentimento e la consapevolezza che “non dipendo da nessuno, sono abbastanza per me stesso, da solo!”. 

Che soddisfazione! Che appagamento! Il fatto che esisto è abbastanza! 

Questo atteggiamento è la vittoria sugli attaccamenti. Finché il tuo essere dipende da un altro, l’attaccamento ti tiene prigioniero. Fino ad allora ti appiccicherai agli altri così forte, per paura di perderli, perché non riesci a vivere senza di loro.

 

La moglie di Mulla Nasruddin morì. Il Mulla piangeva per dovere, ma uno dei suoi amici non riusciva a contenere il suo dolore. Piangeva e ululava, si batteva il petto ed era inconsolabile. Il Mulla non riusciva a sopportarlo. Mise una mano sulla spalla del suo amico e gli disse: “Non affliggerti, amico mio, mi sposerò di nuovo”. 

Ora, quest’uomo era stato innamorato della moglie del Mullah e la sua forza vitale era investita in lei, quindi era naturale che fosse così angosciato, ma non era lo stesso per il Mulla!

 

Cos’è che ti fa piangere? Sono solo i tuoi attaccamenti. Cos’è che ti manca quando non ce l’hai? È l’oggetto del tuo attaccamento. Medita su questo. Scopri cos’è che intrappola la tua vita, la cosa senza la quale ti senti infelice e misero: quello è il centro del tuo attaccamento. Prima che ti sia tolto, abbandona tu la presa, perché lo perderai di sicuro un giorno.

Nulla è stabile in questa vita, nemmeno l’amore e l’amicizia. Il cambiamento costante è la natura stessa di questo mondo. Il mondo è come un fiume che scorre costantemente. Niente è duraturo, niente è costante; e nulla si può fare per farlo durare, non importa quanto ci provi. Non puoi trattenere ciò che si muove per sempre, che scorre per sempre. Vuoi tenerlo, per congelarlo. Non avrai successo, perché stai andando contro la natura delle cose. È a causa dell’impegno che metti in questo sforzo inutile che ti ritrovi così turbato.

Cambiamento è un altro modo per definire il mondo, eppure tu cerchi di trovare in esso un sostengo permanente da cui possa dipendere la tua vita. Non può essere! Ogni attimo della tua vita è pieno di dolore, perché ogni attimo erode ulteriormente il sostegno a cui ti appoggi.

Ecco cosa dovresti fare: impegnarti a scoprire quali cose ti farebbe male perdere. Poi, prima di perderle, apri le mani a poco a poco, e lascia andare la presa. Questo è il metodo per vincere l’attaccamento. Ci sarà dolore, ma devi sopportarlo: è la tua penitenza. 

Non è necessario rinunciare a nulla. Non devi lasciare tua moglie e scappare sull’Himalaya. Rimani lì, dove sei, ma gradualmente smetti di dipendere da lei. Non c’è bisogno di causare alcun dolore: tua moglie non deve nemmeno saperlo, non c’è niente da dire.

Gesù disse: “Solo quando la mano destra non sa cosa sta facendo la mano sinistra, sei un vero ricercatore”. Il desiderio di far sapere agli altri quello che fai è di nuovo un desiderio dell’ego. Vuoi che il mondo sappia: “Guarda quell’uomo, ha lasciato sua moglie e sta andando sull’Himalaya, non è meraviglioso?!”. 

Non è niente di speciale, chiedi a qualsiasi marito. Sarebbe troppo felice di andare sull’Himalaya. Forse non è in grado di andarci, ma questa è una questione diversa.

 

Mulla Nasruddin corse al manicomio locale e bussò alla porta. Quando il sovrintendente gli chiese quale fosse il problema, disse: “Qualche matto è fuggito dal manicomio?”.

Il sovrintendente chiese: “Perché lo chiedi? Hai visto qualcuno scappare?”.

“Qualcuno è scappato con mia moglie,” disse il Mulla, “Deve essere un pazzo che è fuggito da qui”.

 

Chiedi a qualsiasi marito. Per chiunque viva nel mondo, non c’è fine ai suoi racconti di dolore. Non può scappare, perché non vede gioia da nessuna parte. Dove può andare? Ovunque vada, il mondo lo segue come un’ombra. Inoltre, con grandi aspettative si è costruito una posizione nel mondo e ora è difficile distruggerla, perché a quel punto la vita diventerebbe priva di significato.

Cerca gli attaccamenti. Prova a vivere gradualmente senza le cose di cui ora pensi di non poter fare a meno. Crea dentro di te uno stato per cui, se e quando queste cose finiranno, non ci sarà il minimo tremore dentro di te. Allora avrai conseguito la vittoria su questi attaccamenti. È possibile. È stato possibile. E se è successo anche solo a una persona, può capitare a tutti.

 

Apparso su Osho Times n. 261

 

Tratto da: Osho, The Great Path #5