articoli

Il bambino interiore e il maestro

La men­te comprende solo una cosa: come fare a proteggerti. Ma la vita appartiene a chi abbandona ogni difesa

Un raro brano di Osho apparso su Osho Times n 263

 

Osho



Domanda: Osho, più entro in contatto con il mio bambino interiore, più tu entri dentro di me. Quando questa sensazione diventa forte, vado in panico: chiudo la porta e mi affretto a tornare nella mia forte mente adulta, dicendo a me stesso di non lasciarti prendere il sopravvento. Ma a volte penso che lasciarti entrare e trovare me stesso siano sinonimi, il che mi fa dubitare. Sono un caso disperato?

 

Osho: Non sei un caso disperato, ma puoi diventarlo, puoi riuscirci. Sei tu che stai creando la situazione. Ascolta la tua domanda: “Più entro in contatto con il mio bambino interiore, più tu entri dentro di me”. Questo è il vero scopo del tuo essere qui: lasciarmi entrare. Ma invece di rallegrarti, dici: “Quando questa sensazione diventa forte, vado in panico: chiudo la porta e mi affretto a tornare nella mia forte mente adulta”.

Qualcosa di eccezionale bussa alla tua porta, qualcosa che desideri con tutto te stesso, che ti ha portato fin qui, ma quando bussa alla tua porta, dimentichi il fatto che hai desiderato questo momento, forse per molte vite. Ti fai prendere dal panico e “chiudo la porta e mi affretto a tornare nella mia forte mente adulta”. E dici a te stesso di non lasciarmi prendere il sopravvento.

È solo una vecchia abitudine, una paura che tutti hanno.

Da un lato, vuoi che io ti trasformi. D’altra parte, hai paura di qualsiasi cambiamento. Da un lato, vuoi passare attraverso una rivoluzione per diventare totalmente nuovo e fresco. D’altra parte, la presa del vecchio è troppo forte, quindi va tutto bene finché le tue preghiere non sono esaudite.

Milioni di persone vanno al tempio, in chiesa, alla sinagoga, alla mo­schea, al gurudwara, per una sola ragione: perché non c’è un dio ad ascoltare le loro preghiere. Se le loro preghiere fossero ascoltate, nessuno si avvicinerebbe mai a un tempio. Tutti andrebbero in panico! La ragione è che permettere al divino, a ciò che sta oltre, di entrare in te significa essere posseduto da qualcosa di molto più grande di te.

Non hai più il possesso, ma sei posseduto, posseduto da una forza così immensa che, se non sei pronto a lasciar andare il tuo ego, la tua personalità, il tuo senso di separatezza, non puoi che andare in shock, uno shock terribile; non puoi che essere terrorizzato e fare di tutto per impedire che questa esperienza travolgente accada.

“Ma a volte” dici “penso che lasciarti entrare e trovare me stesso siano sinonimi”. Devono essere i momenti in cui sono lontano da te e non hai paura di essere sopraffatto; i momenti in cui non hai paura che io ti ascolti; i momenti in cui non hai paura del fatto che io sia così vicino che devi chiudere la porta e scappare nella tua mente adulta. Ma questo è molto più vero, questo è ciò che hai chiesto, ciò che a ogni istante vorresti veder accadere.

È proprio così: lasciarmi entrare significa ritrovare te stesso. Nel nucleo più profondo, io e te non siamo separati, nessuno è separato. Nel centro più intimo, siamo tutti uno. Quindi, permettere al tuo bambino interiore, alla tua innocenza, o a me, di entrare, è lo stesso, sono sinonimi. I momenti in cui lo senti sono i momenti più sani, ma lo percepisci solo quando non accade nulla e sei ben protetto: le porte sono chiuse, hai sbarrato tutto e sei perfettamente protetto dalla tua mente adulta. E allora ricominci a pensare, perché la tua mente non rappresenta il tuo appagamento, la tua mente non è la tua pace, la tua mente non è il tuo dio. La tua mente è la tua prigione e tu pensi di essere molto al sicuro.

 

Quando ero in carcere in America… Il primo carcere, perché han continuato a spostarmi da una prigione all’altra. Nell’arco di dodici giorni ho avuto la grande esperienza di soggiornare in cinque prigioni diverse. Probabilmente sono un caso senza precedenti: in dodici giorni cinque prigioni! Nel primo carcere, il direttore era un bellissimo uomo anziano e immediatamente entrò in una sorta di profonda intimità con me. Mi disse: “Qui sei assolutamente al sicuro”.

Gli risposi: “È assolutamente vero, in prigione sei certamente assolutamente al sicuro. Sicurezza e carcere sono sinonimi. Fuori c’è ogni genere di pericolo, ma in prigione nessuno può derubarti, nessuno può ucciderti, sei perfettamente al sicuro”. Aggiunsi: “Hai ragione, ma perché non segui il tuo consiglio?”.

Chiese: “Che cosa vuoi dire?”.

Risposi: “In America, il venti percento dei presidenti è stato assassinato. È il più grande record di omicidi in tutto il mondo. Un presidente su cinque sarà assassinato”.

Disse: “Non ti seguo. Che cosa c’entrano gli assassinii dei presidenti?”.

Risposi: “Dovreste tenere in prigione i vostri presidenti invece di tenere me. Ronald Reagan dovrebbe essere in prigione: sarebbe assolutamente al sicuro. Per quanto mi riguarda, ho vissuto tutta la mia vita fuori. Per quanto mi terrete in prigione? Mi state trattenendo in prigione illegalmente, senza nemmeno un mandato di arresto. Non esiste alcuna prova di alcun crimine contro di me. Quindi è tutto inutile, presto sarò fuori. E non conto assolutamente nulla. Non sono il presidente o il primo ministro di una nazione; non sono il papa di una religione. Non ho bisogno di sicurezza. Ma hai avuto una grande idea. Dovresti suggerire al Senato che ogni presidente, una volta eletto, dovrebbe essere immediatamente trasferito in prigione. In questo modo eviterete anche quel venti percento di assassinii”.

Disse: “Mio Dio! Sei davvero pericoloso. Avevo sentito dire che sei pericoloso e lo sei! Che razza di idee mi stai mettendo in testa? Sono sul punto di andare in pensione: non sconvolgere la mia vita”.

Risposi: “È stata una tua idea. E tu perché vivi fuori dalla prigione? Fuori è pericoloso. Entra e sarai al sicuro”.

Disse: “È molto difficile discutere con te. L’idea è tutta sbagliata, ma tu sei molto convincente”.

Dissi: “È una tua idea. Sei tu che mi hai detto: ‘Qui sei al sicuro, riposati, non preoccuparti, nessuno può farti del male’. Ho solo portato la tua idea al suo estremo logico. Se vuoi seguire il tuo consiglio, non devi andare a casa”.

Si innamorò di me. Rimasi tre giorni nella sua prigione, nell’infermeria della prigione. Le infermiere mi dissero: “Hai trasformato tutta l’atmosfera, perché quest’uomo, che è il direttore della prigione, veniva solo una volta ogni sei mesi, o una volta all’anno, a visitare questa sezione. Adesso che sei qui, viene almeno sei volte al giorno solo per incontrarti. Non riesce a stare seduto nel suo ufficio”. E mi ha persino invitato nel suo ufficio: “Vieni a prendere una tazza di tè nel mio ufficio così parliamo”.

Gli dissi: “Senti, se il governo viene a saperlo, sarai nei guai”.

Disse: “Non mi interessa, perché tanto presto andrò in pensione. Al massimo potranno lasciarmi a casa un po’ prima. Che altro possono fare?”.

Risposi: “Va benissimo”.

Le infermiere iniziarono a portare ritagli di mie fotografie dai giornali da farmi autografare: “Ricorderemo che una volta sei stato qui per tre giorni. Sarà il nostro ricordo più caro. In questi tre giorni questo posto ha smesso di essere una prigione”.

Le infermiere venivano anche nel loro giorno libero. Dicevano: “Salteremo il giorno libero, perché potresti andartene da un momento all’altro e non vogliamo perderci nemmeno un attimo”.

 

Sei preoccupato della tua sicurezza: se prendessi il sopravvento, o diventassi il tuo centro, che cosa resterebbe della tua sicurezza? Stai già vivendo in prigione. Se posso entrare dentro di te, posso tirarti fuori dalla tua prigione, persino dall’esterno. È quello che sto cercando di fare: tirarti fuori dalla tua vecchia mente.

Non sei un caso senza speranza, ma se continui così, diventerà impossibile per me aiutarti in alcun modo. Se vai nel panico, chiudi la porta e ti precipiti nella tua mente forte e adulta, dietro un muro protettivo, compi un atto schizofrenico: da un lato mi chiedi di entrare e trasformarti, e dall’altro quando arrivo, chiudi la porta.

Prendi una decisione, quella che più ti aggrada. Se la tua vecchia mente è una grande gioia per te, non c’è bisogno che io ti dia fastidio: sii soddisfatto della tua vecchia mente. Ma non può essere così. Se la tua vecchia mente avesse ragione, non saresti qui. Sei qui alla ricerca di qualcosa di nuovo, alla ricerca di qualcosa di sconosciuto, alla ricerca di una trasformazione alchemica. Quindi fatti coraggio. E si tratta solo di un singolo istante.

Smetti di chiudere le porte e di barricarti per difenderti. Non posso distruggerti, posso solo distruggere ciò che non sei. Posso scoprire e aiutarti a scoprire il tuo essere autentico. Ma sei completamente in errore.

 

La sua prima notte di nozze, il diacono tornò in camera da letto dopo essersi lavato i denti e trovò la sua sposina sdraiata sul letto completamente nuda, sdraiata sulla schiena, con le gambe aperte e invitanti.

“Gloria al Signore!” gridò il diacono. “Mi sarei aspettato di trovare una brava ragazza cristiana come te in ginocchio accanto al letto”.

“Okay, va bene” arrossì la sposa “ma sappi che da dietro mi viene il singhiozzo”.

 

La gente è così, la mente è condizionata in questo modo. Il povero diacono pensa alla preghiera, ma la ragazza sta pensando a qualcos’altro.

 

Henry Ford morì e prima di andare in paradiso dovette fare un colloquio con dio. Alla domanda sui suoi successi sulla Terra, Henry Ford si vantò: “Il mio modello T Ford è uno dei più grandi successi di tutti i tempi. Per inciso, tu cosa ne pensi?”.

Dio sorrise e disse: “Non è una brutta invenzione”. E chiese a Henry cosa ne pensasse della sua più grande creazione, la donna.

“Non male” disse Henry “ma visto che me lo chiedi, l’iniettore è un po’ troppo vicino al tubo di scappamento”.

 

Henry Ford è Henry Ford: capisce solo una lingua. La tua vecchia men­te comprende solo una cosa: come fare a proteggerti. Ma la vita appartiene a chi abbandona ogni difesa, perché ogni difesa è una mancanza di fiducia verso l’esistenza.

La vita appartiene a chi si fida dell’esistenza e a quel punto non è necessaria alcuna protezione. Questa è la tua casa, tutte queste stelle, tutti questi oceani e tutte queste montagne fanno parte della tua casa. Tutta questa esistenza è la sorgente della tua stessa vita. Non c’è bisogno di avere paura e non c’è bisogno di rinchiudersi nelle celle oscure di una profonda sfiducia.

La sfiducia è come una morte.

La fiducia è l’unica vita che conosco.

 

Tratto da: Osho, The New Dawn #17 q.2

 

 

Apparso su Osho Times n. 263