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Dogen

Il fondamento della Via

Un articolo di Videha apparso su Osho Times n 264

 

Mani in meditazione
 

 

Perché amo Dogen? Un po’ difficile da dire, poiché si tratta di sensazioni. Diversi anni fa feci un ritiro di Zazen a Taiwan. Il centro in cui il ritiro si teneva appartiene alla scuola Soto-Zen, quindi sulla scia di Dogen...Sento una affinità maggiore con la loro pratica piuttosto che, ad esempio, con quella associata a Rinzai e all’uso dei Koan. Inoltre i discorsi di Osho su Dogen mi hanno toccato molto...



Dogen, il cui nome significa “Il fondamento della Via”, nacque nel 1200 in Giappone. 
Entrambi i genitori morirono quando era ancora bambino e la morte della madre in particolare, quando Dogen aveva 7 anni, segnò il corso della sua vita. Conobbe e comprese, già a quell’età, l’impermanenza di tutte le cose. 
Sin dal suo noviziato, all’età di 13 anni, fu ossessionato dalla domanda: “Se tutti gli esseri hanno la natura del Buddha e sono quindi intrinsecamente perfetti, perché allora è necessario lo sforzo per arrivare al risveglio, per diventarne consapevoli?”.
Quando rivolse questa domanda al maestro Zen Eisai, del tempio Kenninji, questi rispose: “Nessun Buddha è consapevole di avere la natura del Buddha, solo i mediocri ne sono consapevoli”. Immediatamente Dogen chiese di essere accettato come suo discepolo. 
Nel 1223, dopo la morte di Eisai, Dogen si recò in Cina alla ricerca di un vero maestro Zen. Dopo aver molto cercato, arrivò dal maestro Ju-Ching e dopo alcuni anni con lui raggiunse l’illuminazione. 
Ju-Ching apparteneva alla scuola Caodong (Soto-Zen in giapponese) e fu questa la via che Dogen portò in Giappone. Il metodo principale di questa scuola è chiamato Shikantaza e consiste nello stare semplicemente seduti in meditazione (Zazen), senza fare nulla.

“Abbandona ogni pensiero su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, così come il pensiero in sé e l’idea dell’illuminazione. Abbandona ogni intenzione: questo è ciò che si definisce assenza di pensiero. Non sederti in Zazen con lo scopo di raggiungere l’illuminazione. Resta semplicemente seduto in meditazione. Questa è illuminazione”. 
Dogen

“La meditazione non è un conseguimento, è già presente, è la tua natura. Non deve essere raggiunta, deve solo essere riconosciuta. Deve solo essere ricordata. È lì che ti aspetta, devi solo andare dentro, ed è a tua disposizione, l’hai sempre portata con te. La meditazione è la tua natura intrinseca, sei tu, è il tuo essere. Abbandonare il pensiero vuol dire semplicemente non fare nulla. 
Siediti, lascia che i pensieri si assestino da sé, lascia che la mente cada da sé. Tu resta semplicemente seduto a guardare il muro, in un angolo silenzioso, senza fare assolutamente nulla, rilassato, a tuo agio, senza alcuno sforzo, senza andare da nessuna parte”.
Osho
L’antico canto dei pini #7, Psiche Ed.

Questa via è anche conosciuta come “Illuminazione Silenziosa”. Osho ne parla espressamente, dicendo: “Questa piccola scuola chiamata “Illuminazione Silenziosa” è una delle metodologie della consapevolezza più altamente evolute. […]
Queste persone semplicemente siedono in silenzio. Non fanno nulla, buono o cattivo che sia. Semplicemente non fanno nulla. […]
Non recitano nemmeno il nome del Buddha, siedono in silenzio. Non hanno testi scritti, perché non dicono nulla. Il loro essere dice tutto: sono dei Buddha. Perché mai dovrebbero recitare il nome del Buddha, perché mai dovrebbero adorarlo, o andare al tempio del Buddha? […]
Provo affetto per le persone Zen della scuola “Illuminazione Silenziosa”. Sono il sale della terra.
Osho 
The great Zen master Ta Hui #3

La meta di questa via è abbandonare completamente il corpo e la mente, smettere cioè di esserne identificati.
Per Dogen la pratica e l’illuminazione sono una cosa sola. Mentre siamo seduti in meditazione, l’illuminazione è già presente, anche se non ne siamo consapevoli. Tutto ciò che è necessario è dimenticare il sé.

“Studiare la Via significa studiare il sé. Studiare il sé significa dimenticare il sé. Dimenticare il sé significa essere illuminati da tutte le cose. Essere illuminati da tutte le cose significa abbandonare il proprio corpo e la mente e il corpo e la mente degli altri”. 
Dogen

O come dice un altro maestro Zen, Keizan: “Se riesci a ripulire la mente, non troverai né un corpo né una mente né oggetti o un sé che li accompagni. Questo è il motivo per cui si dice che il corpo e la mente sono lasciati andare”.

Quando Dogen si illuminò, andò nella stanza del maestro Ju-Ching e accese un incenso.
“Qual è il motivo di questo incenso?” chiese Ju-Ching.
“Ho abbandonato il corpo e la mente” rispose Dogen.
“Hai abbandonato il corpo e la mente. Il corpo e la mente sono lasciati andare” replicò Ju-Ching. Dogen si prostrò ai piedi del maestro in segno di rispetto e gratitudine. 
“Questo significa lasciare andare persino l’abbandonare” concluse 
Ju-Ching.

Dopo l’illuminazione Dogen rimase in Cina per altri due anni prima di tornare in Giappone. Quando, nel 1227, tornò in Giappone, gli fu chiesto cosa avesse imparato in Cina e cosa avesse portato con sé.
Dogen rispose: “Occhi orizzontali, naso verticale. Sono tornato a mani vuote. Nessuno può più ingannarmi… Il tempo scorre in modo naturale”.
Dogen scrisse alcuni importanti testi che contribuirono a dare un grande impulso alla diffusione dello Zen. Il più famoso è chiamato Shobogenzo, “Il vero occhio del Dharma”; un altro testo è Istruzioni ad un cuoco Zen, tradotto e disponibile anche in italiano.
Nello Shobogenzo Dogen afferma: “Coloro che ottengono l’illuminazione sono come la luna riflessa nell’acqua. La luna non si bagna, e l’acqua non è infranta. Sebbene la sua luce sia vasta e sconfinata, si riflette anche in poca acqua; perfino l’intera luna, l’intero cielo, si riflettono in una goccia di rugiada…”.
Dogen portò e diede inizio in Giappone a una grande tradizione Zen, conosciuta come Soto-Zen. Fu e rimane uno tra i maestri che più hanno contribuito al fiorire dello Zen. Al momento della sua morte, nel 1253 a Kyoto, le sue ultime parole furono: “Nel tempo della vita, non c’è altro che la vita. Nel tempo della morte, non c’è altro che la morte”.

Informazioni e citazioni, salvo dove indicato diversamente, tratte da: 
Zen Master Keizan, Trasmission of light, Zen in the Art of Enlightenment, Shambala edition
AAVV, The Shambala Dictionary of Buddhism and Zen, Shambala edition
Richard Bryan McDaniel, Zen Master of Japan, Tuttle edition


Articolo apparso su  Osho Times n. 264
 

Videha

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