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Fuori dal corpo 

Un'esperienza sconvolgente 

Un raro brano di Osho apparso su Osho Times n. 263

 

Osho



DOMANDA: Osho, dopo l’ultimo gruppo ho vissuto qualcosa di molto strano. Mi sono sentito sconnesso da me stesso: io ero qui e il mio corpo era laggiù. Ho avuto molta paura. Ho mangiato un panino e questo mi ha fatto sentire meglio, ma è stata una sensazione molto strana.

 

OSHO: La prima volta che succede è sempre molto strano, perché non riesci a capire di cosa si tratta. Qualunque cosa accada, possiamo capirla solo se abbiamo già avuto qualche esperienza simile in passato. Ma quando succede per la prima volta, non c’è passato e non hai alcun riferimento. Oppure, sarebbe più corretto dire che non hai alcuna idea al riguardo. Quindi, quando accade, improvvisamente tutto il meccanismo mentale si arresta. Non può funzionare. L’esperienza è così nuova da non poterla digerire. E ti spaventi, perché ciò che sai già, invece, non fa mai paura.

Ecco perché la morte è così spaventosa, perché non ne sappiamo nulla e non possiamo conoscerla prima che accada. In questo consiste la paura della morte. Se ci fosse un modo per conoscerla, per farne un po’ di esperienza prima, la paura scomparirebbe. 

In effetti la meditazione è un modo per sperimentare la morte prima che accada. È ciò che ti è successo quando hai sentito il tuo corpo separato da te stesso. Per una singola frazione di secondo, hai perso ogni connessione. Sei sconnesso e non esiste alcun ponte tra te e il tuo corpo. È tremendo, terribile. Nasce una paura terrificante. 

Hai fatto bene a mangiare qualcosa. È utile, perché nel momento in cui il cibo entra nel corpo, ti riconnetti a te stesso. Anche una donna che ti accarezzi amorevolmente può essere d’aiuto, ancora meglio del cibo. È un nutrimento con qualcosa in più. Se una donna può toccarti amorevolmente, ti riconnetti immediatamente. 

È attraverso la donna, attraverso l’utero della donna, che ci connettiamo al corpo per la prima volta.

La prossima volta che succede, se sei vicino a una donna, dille di abbracciarti. Se non è possibile, va benissimo mangiare. Tuttavia a volte può capitare che il corpo non sia in grado di assumere cibo. Potresti avere nausea, o voglia di vomitare. Questo è possibile, perché a volte il corpo non ha voglia di mangiare. Il corpo è sull’orlo della morte e tu cerchi di mangiare. È contraddittorio. 

Anche la respirazione profonda può aiutarti a riconnetterti.

Quando il bambino esce dall’utero, la prima cosa che deve fare è respirare profondamente. Se entro tre minuti non ha pianto e fatto un respiro, morirà, perché il corpo non può resistere più di tre minuti senza respirare.

Quindi in un’esperienza di questo genere, non sei connesso, come se nascessi un’altra volta. Quindi piangere, respirare e mangiare possono essere utili: il latte sarà la cosa migliore, perché ti riconnetterà a tua madre.

Ma cerca di rimanere in quel momento fantastico almeno per un po’. Non avere fretta, perché ti sfuggiranno molte cose che possono accadere attraverso questa esperienza. Quando diventa troppo e non riesci più a tollerarlo, o pensi che sia arrivato l’ultimo istante della tua vita, senti che stai per morire e sei così terrorizzato da non poter resistere, usa qualsiasi mezzo per ritornare nel corpo. Se non puoi fare nient’altro, inizia a correre e saltare.

Ogni attività ha bisogno della connessione col corpo. Ecco perché i meditatori di tutto il mondo hanno sempre insistito sullo stare seduti in silenzio, senza muovere il corpo, perché in quello stato immobile è più facile, per l’anima e il corpo, separarsi, disconnettersi. Quando fai qualcosa, la sconnessione è difficile. L’azione non è possibile senza che tu e il tuo corpo stiate insieme, ma l’inazione è possibile.

La prossima volta che succede, prova a starci più a lungo. Non c’è nulla di cui aver paura. Sarà un’esperienza immensamente preziosa e di sicuro ne vedrai la bellezza. Più la assapori, più la desidererai. Presto diventerà una benedizione.

Quando riesci a rimanere nel corpo, senza essere connesso a esso, accade la meditazione. È il primo Satori. Possono anche passare molte ore, ma non sentirai il trascorrere del tempo. Ma questo accade solo quando la paura è scomparsa e la tua mente si è acclimatata alla nuova esperienza e non ne è troppo terrorizzata, ma diventa curiosa. La tua mente diventerà così curiosa da volerne sapere di più e la paura si trasformerà in testimonianza di ciò che è successo.

Entraci sempre di più, a poco a poco, e se inizi a sentire che stai impazzendo, assorbi anche quella follia, a poco a poco. Molte persone sono impazzite. Se lavorano senza un maestro e non sanno cosa devono fare, si ritroveranno in qualcosa che non riescono a gestire e possono impazzire. A quel punto è molto difficile riportarle indietro, perché non è una follia ordinaria. Non è una nevrosi o una psicosi. La psichiatria non sarà di alcun aiuto, perché quello stato non è al di sotto della mente normale. È al di sopra della mente normale. È una svolta, non una rottura.

Ma anche una svolta può essere sconvolgente. La corrente potrebbe essere moltissima, mentre tu non sei ancora abbastanza pronto. Potresti essere in grado di reggere soltanto una corrente a cento Volt, mentre quell’esperienza è a mille Volt, così si spegne un fusibile o si brucia qualcosa.

Quindi non starci troppo tempo. Resta vigile ed entraci sempre di più. Un giorno, se riuscirai ad attraversare l’esperienza totalmente, arriverà il momento in cui sentirai che tutto gira, diventa sconvolgente, diventa illogico, assurdo, ma lo attraversi; continui a esserne testimone. E poi all’improvviso tutto torna a posto. Di nuovo c’è ordine e il caos è scomparso. Hai attraversato la follia.

Questo è Satori: entrare nella follia e senza impazzire. È rischioso, ma tutto ciò che è prezioso è rischioso.

È come un tunnel. Attraversi l’oscurità, ma sai che prima o poi ne uscirai. Ricordati di me ogni volta che ci sei dentro e ti addentri un po’ di più nel tunnel. Un giorno il tunnel finirà. Sarai a cielo aperto e sarà un nuovo cielo, un nuovo spazio che non hai mai conosciuto prima.


Tratto da: Osho, The Cypress in the Courtyard #2

 

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