In Oriente hanno una bella abitudine che da noi di solito non c’è. Quella di lasciare le scarpe fuori dall’ingresso. In questo modo si lascia lo sporco del mondo fuori, e in casa si rimane igienicamente più garantiti.
Anche a Pune quando si andava al discorso di Osho nella grande Buddha Hall o a una delle varie meditazioni che succedevano lì, all’entrata c’erano grandi scaffali per scarpe e borse. E c’era la scritta voluta da Osho: “Lascia qui le tue scarpe e la tua mente”. Era un modo per disconnettere il “tempio” dal “mondo”. Lo "spazio sacro" dalla "dimensione mondana" con tutte le sue implicazioni. La mente è sempre stata di disturbo nella meditazione... l’osservatore interiore che si cristallizza nella presenza a se stessi, non appartiene alla mente. Che per questo andava lasciata metaforicamente insieme alle scarpe.
Immagina 3000... 5000 meditatori al discorso di Osho dal vivo e poi visualizza le scarpe lasciate... una marea. Così capitava tutti i giorni che qualcuno all’uscita dalla Buddha Hall non trovasse più le proprie scarpe, o non si ricordasse dove le aveva lasciate, confuse tra le altre migliaia.
Dopo la mia prima visita avevo capito la “problematica” e così, nei successivi viaggi in India, mi portai sempre delle ciabatte italiane molto visibili e ben diverse dalla gran massa di ciabatte indiane tutte simili tra loro. In questo modo trovarle era sempre facile, anzi immediato.
Ciononostante una volta... “oh no, non ci sono più!”.
Uscito dalla Buddha Hall come camminando sulle nuvole, dopo essere stato cullato per due ore dalle deliziose parole ed energia di Osho, arrivare allo scaffale che ricordavo bene e non trovare le mie “uniche” scarpe fu uno shock. Dopo aver girato tutti gli scaffali mi dovetti rassegnare al fatto che erano proprio andate. Presi un paio di ciabattacce dall'angolo degli oggetti smarriti e andai a cena al ristorante interno della Comune.
Ma il fatto di aver perso le mie belle scarpe italiane non mi andava giù. Le dovevo proprio ritrovare.
Così, preso il cibo, mi sedetti al primo tavolo subito dopo la scala da cui scendevano tutti con il vassoio. Mangiavo con gli occhi fissi sul pavimento davanti a me come un cane da caccia che punta implacabile... ero sicuro che le avrei trovate ai piedi di qualcun altro. E infatti poco dopo ecco le mie scarpe scendere le scale e passarmi davanti lentamente.
Scattai in piedi e mi avvicinai all’antipatico che se le era messe. “Swami, le scarpe che indossi non sono tue, sono le mie” gli dissi. E lui indifferente continuò a camminare alla ricerca di un tavolo a cui sedersi a mangiare. Io camminavo con lui in silenzio. “Quindi che si fa?” insistetti. Lui finalmente trovò le parole... “Qualcuno si è preso le mie e io quindi mi sono preso le tue”. “Ok capisco il problema... ma adesso che siam qui con il legittimo proprietario è tempo di aggiustare le cose, no?” Era un po’ reticente.... ma poi, visto che non mollavo, accettò di mettersi le ciabattacce che avevo rimediato e ridarmi le mie luccicanti nuove scarpe italiane.
Seduto al mio tavolo a finire di mangiare mi dipinsi nella mente tutta la faccenda... E pensai che chi aveva preso le scarpe del mio “ladro” forse anche lui si era trovato senza le sue. E quanti prima di lui... era forse una lunga catena di poveri sfortunati? Magari un primo sbadatone si era preso le scarpe di un altro per errore e aveva messo in moto una lunga serie di poveri malcapitati, come un’onda di shock e rabbia messa in modo da un gesto inconsapevole era andata a rovinare la giornata a magari 5, 20... 50 persone come me?
Se penso a tutti i gesti delle nostre giornate, a parte le scarpe chissà quante onde inconsapevoli passano attraverso di noi, o quante ne mettiamo in moto noi stessi. Dei brutti modi inconsapevoli, uno sguardo o una parola aggressiva, arrogante, verso qualcuno che poi a sua volta trasmette quell’energia a qualcun altro tenendo viva un’onda antipatica che si propaga tutto intorno a noi.
C’è una bellissima storiella raccontata da Osho su questo meccanismo...
«Akbar, un grande imperatore indiano, racconta nella sua autobiografia, che un giorno a corte... e aveva nella sua corte gli uomini più saggi della terra... Al suo fianco c'era il giullare di corte. Ogni corte aveva un giullare… così, per evitare che le cose diventassero troppo serie, per portarle ogni tanto a un livello umano, alla risata... Era un'intuizione psicologica basilare.
Birbal era il nome del giullare. Akbar, per scherzare e anche per vedere quale sarebbe stata la risposta di Birbal - era una persona molto reattiva, immediata - Akbar gli diede un grande schiaffo. Senza aspettare nemmeno un momento per pensare a cosa fare, Birbal schiaffeggiò la persona che stava al suo fianco.
Tutto questo accadeva davanti agli occhi della gente... La cosa si diffuse in tutta la capitale; tutti schiaffeggiavano qualcuno. E alla sera, Akbar chiese a Birbal: "Perché hai agito così?"
Lui disse: "Aspetta, al mattino saprai la risposta". E al mattino conobbe la risposta. Nella notte, quando entrò nelle stanze della sua regina, lei lo schiaffeggiò.
Lui disse: "Oddio! Anche tu sei in questo gioco? Chi te l'ha detto?".
Lei rispose: "Nessuno lo dice a nessuno. Le cose si stanno muovendo, tutta la città è in un grande spazio esilarante. L'unica regola è che devi colpire la persona che è più debole di te. Ti stavo aspettando…".
Poi si ricordò che Birbal aveva detto: "Al mattino lo saprai". Naturalmente Birbal non poteva colpire Akbar, l'imperatore - era troppo potente. Poteva colpire solo quello più in basso nel rango. E una volta capito chi doveva schiaffeggiare e chi doveva ricevere lo schiaffo, il gioco iniziò. Finì con la regina che colpiva Akbar.»
È inevitabile che il nostro agire metta comunque in moto delle onde… Onde che alla fine ci tornano indietro. Onde che possono essere sia negative che positive.
Dipende da noi, dalla nostra intelligenza, consapevolezza e amorevolezza. Con queste qualità possiamo anche fermare l’onda negativa che ci arriva e non passarla a nessuno.
Il primo passo è sempre accorgersi di cosa sta succedendo.
Ci sono però anche onde che passano aldilà di noi...
Parlo dell’onda energetica della pace, del silenzio, della meditazione. Osho racconta che anticamente in Oriente non curavano i pazzi, ma li portavano nei monasteri zen, e li lasciavano lì, immersi nel campo energetico che chiamiamo “buddhafield”. E guarivano così, semplicemente stando immersi in quell’energia senza che nessuno facesse niente.
La forza del campo energetico che si propaga intorno ai buddha e ai meditatori è delicata e invisibile ma più potente della pazzia. Immergersi in un buddhafield è un regalo prezioso che non sempre è possibile farsi.
La buona notizia è che a Osho Miasto tra poche settimanesi espanderà un potente campo energico intorno a Shunyo e ai tanti meditatori immersi nell’ultima Maha Osho Vipassana.
Di cui un partecipante a precedenti edizioni, un vecchio meditatore, ha detto “Per me è stata la migliore esperienza con Osho dopo Pune e l’Oregon”.
Su questo sito trovi vari articoli: sono un assaggio della rivista Osho Times il mensile che da 30 anni ti porta in casa "l'arte della meditaiozne"... è un invito ad abbonarsi o rinnovare l’abbonamento. Buona lettura, Akarmo
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