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Verticalità e resilienza

Navigare la vita in tempi di crisi...

Da un articolo di Maneesha James tratto da Osho Times n. 288

 

Verticalità

 

La realtà verticale

 

Addentrarci nella “realtà verticale” ci offre una prospettiva completamente nuova delle situazioni al di fuori di noi e anche dell’esperienza mutevole all’interno di noi stessi.

Qualunque sia il contesto, quando siamo in uno spazio meditativo la mente non è più predominante. Cioè, la mente, con la sua tristezza o i rimpianti per il passato o le preoccupazioni per il futuro; con tutti i suoi atteggiamenti, le sue convinzioni ed esperienze, può essere consapevolmente messa da parte. E possiamo essere presenti a questo momento. Aperti e disponibili a ciò che c’è in questo momento. Senza alcun ordine del giorno, senza alcun punto di vista o posizione particolare: non c’è alcun filtro tra noi e ciò che esiste qui e ora. Passiamo dall’esterno all’interno, dallo spazio del fare all’essere, da un senso di sé definito dalla personalità, un corpo e una mente, al non-sé... l’essere solo un’energia.

In quello spazio il nostro senso del tempo e dello spazio si espande. Siamo passati dalla dimensione orizzontale a quella verticale. Vale a dire, abbandoniamo il movimento lineare, dall’esperienza A a B a C, con la sua attenzione costantemente puntata al passo successivo, al futuro.

Muovendosi verticalmente la nostra consapevolezza è immersa esclusivamente nel presente. Piuttosto che raccogliere molte esperienze lineari in vista di qualche obiettivo, ci riposiamo in ciò che c’è proprio ora. Ed ecco il paradosso, perché nel nostro essere semplicemente adesso, il momento ha una tale profondità e vastità che può sembrare immenso ed eterno. Osho lo chiama vivere nella “realtà verticale”.

L’autore Philip Gould ha scritto nelle settimane precedenti la sua morte (dal libro When I die: lessons from the death zone, “Quando muoio: lezioni dalla zona di morte”): “Quando cerco di andare avanti in termini di tempo convenzionale, di guardare avanti, di contare i minuti, le ore o i giorni, prima o poi mi scontro con la dura roccia: dall’altro lato di tutto questo, io sono morto... Non c’è futuro per me ora, quindi torno indietro e questo qui e ora è il luogo per tutto. Qui, ora è dove vivo... Ogni singolo istante è quasi migliore di quello che lo ha preceduto”.

 

Un aspetto interessante

Non solo la meditazione può aiutarci a stare con tutto ciò che ci sta accadendo nell’affrontare i nostri mo­men­ti difficili (come essere gravemente ma­lati o morire), ma è vero anche il contrario: essere presenti e aperti alle nostre esperienze, possiamo cono­scere uno stato naturale di meditazione.

Ma in che modo la meditazione è utile in tempi di crisi?

Immergersi regolarmente nella “realtà verticale” ci offre una prospettiva diversa, una nuova comprensione. Questo ci aiuta a svincolarci dai vecchi modi di pensare che non sono più utili, ad esempio un atteggiamento disfattista. Ci rendiamo anche conto che nessun pensiero o sentimento è intrinseco a ciò che siamo; vale a dire che non siamo i nostri pensieri o sentimenti. Tutti i sentimenti vanno e vengono, mentre quella parte di noi che riesce a guardarli passare rimane costante.

Lo dice magnificamente il poeta Rumi...
 

Quel che abbiamo adesso non è immaginazione

Questo non è dolore o gioia

Non uno stato giudicante

Un’esultanza o una tristezza

Quelli vanno e vengono

Questa è la presenza che non se ne va

Cos’altro potrebbero volere gli esseri umani?

Questo, ciò che siamo adesso.

Rumi

 

Conoscere noi stessi come quell’aspetto costante, quella “presenza immutabile”, fornisce un luogo interiore o un senso di centratura. Per parafrasare Rumi, di quale altra risorsa abbiamo bisogno quando ci rendiamo conto che siamo già quella presenza?

Quando i tempi sono difficili, la nostra reazione emotiva può diventare un “problema” più grande rispetto alla circostanza originale e possiamo avere difficoltà a ricordare quella “presenza immutabile”, a praticare il ricordo giusto... Sammasati.

 

 

Meditazione e resilienza

 

La meditazione è la chiave per costruire o mantenere la propria integrità e forza emotiva, nella vita di tutti i giorni e in situazioni difficili.

La prima risposta al suggerimento di meditare potrebbe essere: “Sì, lo so che è una cosa che fa bene. Inizierò prima o poi, più poi che prima, forse. Dopo. Non ora! Non ne ho il tempo o l’energia”.

La meditazione può essere davvero utile per rilassarsi e per costruire o mantenere la resilienza. Quindi, proprio perché non hai tempo o energia, hai bisogno di meditare!

 

Sharon Salzberg ha lavorato per alcuni anni in un programma gestito dal Garrison Institute, USA, portando meditazione e yoga ai lavoratori dei centri di accoglienza per violenze domestiche e poi ai supervisori e ai direttori dei centri. Tiene anche dei ritiri per il personale assistenziale. A suo avviso, la meditazione è “la chiave per la resilienza nell’assistenza” (Huffington Post, marzo 2010). Questo è un punto di vista che condivido, con l’aggiunta che la meditazione è fondamentale per la resilienza anche se siamo noi a essere ammalati, o a morire.

“Qualsiasi sana relazione di assistenza si basa sull’equilibrio”, osserva Sharon “l’equilibrio tra l’apertura infinita del proprio cuore e l’accettazione dei limiti di ciò che è possibile fare... L’equilibrio tra compassione e senso della realtà ci permette di prenderci cura profondamente, senza essere sopraffatti e incapaci di farcela proprio a causa di quell’assistenza”.

E per qualunque ruolo svolgiamo nella vita, commenta: “La meditazione ci aiuta a vedere i nostri stati mentali difficili – come rabbia, paura o senso di impotenza – con compassione invece che autocondanna. Fornisce anche un rifugio durante le tempeste della vita, aiutandoci a connetterci in modo compassionevole con gli altri, indipendentemente dalle circostanze.

“Soprattutto nei momenti di incertezza o dolore, la meditazione amplia la nostra prospettiva e approfondisce il nostro coraggio. La spaziosità della mente e la maggiore tranquillità del cuore, che sorgono naturalmente attraverso la consapevolezza equilibrata e la compassione, sono componenti fondamentali di uno spirito resiliente. Ci donano una felicità insolita, non determinata dalle condizioni in cui ci troviamo, non definita dalla quantità di “successo” o “fallimento” che abbiamo riscontrato nei nostri impegni quotidiani. La meditazione ci aiuta a ritornare continuamente a questa felicità unica e speciale”.

Non solo la meditazione è essenziale al nostro benessere, ma avere familiarità con la pratica significa anche po­ter­la presentare ad altri con sicurezza.

 

Continua su Osho Times n. 288

Dal sito di Maneesha: www.oshosammasati.org