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A costo di essere noiosa, anche oggi vi racconto una storia di… uccelli.
Ieri mattina mi trovavo come sempre sulla spiaggia dove vado a camminare ogni giorno e in una delle pozze d’acqua create dalla bassa marea, ho visto un uccello che nuotava veloce, cercando di scappare da tre cani randagi. Ho urlato “Ehi” da distante – ho un certo potere alfa nella voce – giusto in tempo per bloccare i cani mentre stavano per acchiapparlo.
Era una bellissima gabbianella – credo che il nome esatto sia “sterna” – adolescente, con il becco e le zampette palmate nere e il piumaggio bianco-grigio.
Mi hanno subito colpito la sua fierezza e l’assenza di paura mentre nuotava via dalle bestie feroci, inclusa me, che l’ho poi sospinta a uscire dall’acqua e a restare sulla sabbia umida, per vedere in che condizioni fosse.
Era tutta bagnata e un’ala non chiudeva bene come l’altra. A quel punto eravamo accerchiate dai cani e dalle cornacchie che aspettavano che me ne andassi per farle la festa.


Gabbiani

 

Ho iniziato quindi a chiamare tutti i veterinari e i numeri di “emergenza animali” che ho salvati sul telefono, ma era troppo presto e nessuno rispondeva. Ho deciso quindi di portare la sterna al sicuro, catturandola come si catturano gli uccelli, gettandole sopra il provvidenziale scialle di cotone che avevo sulle spalle per ripararmi dal Sole.
Ero agitata, perché sapevo di farle violenza, e al tempo stesso ero ferma, perché chiaramente la violenza dei cani sarebbe stata molto peggio.
La sua incredibile leggerezza tra le mie mani mi ha molto sorpreso (ho poi scoperto su Wikipedia che una sterna adolescente pesa circa un etto e mezzo e ho capito anche perché la gallina non riesce più a volare!!!).
L’ho messa in macchina e mi sono diretta al mercato per comprarle delle sardine.
Arrivate a casa, lei si è piazzata in un angolo del bagno. Avevo temuto che potesse spaventarsi molto, come succede a certi uccelli, e che avesse una reazione fisica potente, come batticuore forte o altri sintomi, ma lei era molto calma, anche se evidentemente infastidita dalla mia presenza (dopo tutto l’avevo appena rapita dalla sua spiaggia, lei mica lo sa che altrimenti i cani l’avrebbero fatta a pezzi!).

Sono andata a farmi un tè e quando sono tornata da lei era asciutta e l’ala era quasi tornata a posto, anche se i suoi tentativi di volare non andavano a buon fine.
Le ho offerto una mezza sardina che mi ha strappato dalle mani col becco per poi gettarla a terra, con un gesto quasi di sprezzo, senza mangiarla. In uno dei miei vari tentativi di riproporle il povero pesciolino mi ha persino preso un dito nel becco, ma senza farmi male, poiché non ha denti, ma solo delle “spire” adatte a brandire la pelle scivolosa dei pesci e non la pelle umana.
Intanto tutte le varie autorità che avevo provato a chiamare stavano cominciando a richiamarmi e nel giro di qualche telefonata ho trovato le persone giuste a cui affidarla.

Ho vissuto con questo giovane animale solo alcune ore, ma l’esperienza mi ha commosso e toccato in profondità, come spesso accade quando entro in connessione con il mondo animale, dove ferocia e grazia, violenza e tenerezza, crudeltà e innocenza convivono senza conflitti… Noi umani ovviamente viviamo secondo regole diverse, dove questi binomi non hanno alcun senso e dove ferocia, violenza e crudeltà non hanno alcuna innocenza.

Non so spiegare perché il mondo animale mi commuove, però succede molto spesso. Fiumi di lacrime. Da quando ero bambina. E ho un lungo bestiario di ricordi che hanno letteralmente forgiato il mio cuore! Dalle formiche agli elefanti, passando per gatti, lucertole e poiane, uccelli pescatori e sanguisughe, posso dire che non ho mai avuto un’esperienza con un animale che non mi abbia arricchito e nutrito.
Oggi ho parlato con il direttore del Sanctuary degli uccelli di Goa e mi ha detto che presto la sterna sarà riportata nella sua spiaggia – che è anche la mia – e liberata.
Certo, c’è la possibilità remota che non possa ritornare a volare, in quel caso si vedrà che fare… Per ora le auguro di ritrovare presto il suo stormo e di riprendere il suo viaggio… (Le sterne sono uccelli migratori di varie sottospecie che si fermano su queste coste solo di passaggio; questa particolare sottospecie pare che arrivi dalla Nuova Zelanda che abbandona all’arrivo dell’inverno australe alla ricerca di lidi più temperati come l’India).

Non so come collegare questa storia direttamente all’Osho Times e al mio solito lavoro, ma so che ogni lettore che ama la natura mi capirà…
Tra l’altro Akarmo, che sceglie ogni volta gli articoli già pubblicati da inviare insieme alla newsletter, questa volta ha scelto uno dei miei, in cui parlo invece di… pianeti. L’altra mia fissa oltre agli uccelli! (A proposito di pianeti, ecco la paginetta di Human Design).

E l’Osho Times che vi presento questo mese è quello di Dicembre-Gennaio, che come sempre conclude un ciclo e ne comincia un altro, con allegato il DVD omaggio di Osho Il culmine della vita
È un numero di OT dedicato al viaggio, interiore o esteriore, che porta al Maestro e, in ultima analisi, a se stessi… E poi tanti altri bellissimi articoli, tra cui il racconto di Maneesha di un compleanno di Osho, che cade proprio a Dicembre, di tanti anni fa…

E poi, in regalo da me, un omaggio di Osho alla bellezza selvaggia della natura…
«La bellezza è qualcosa di selvaggio, non è mai civilizzata. Nel momento in cui la rendi civilizzizzata, diventa brutta. Non c'è modo di civilizzare la bellezza. La bellezza deve essere intrinsecamente selvaggia, perché fa parte della natura. Non è coltivata, è naturale. Ecco perché gli alberi sono belli, gli animali sono belli, gli uccelli sono belli. È impossibile trovare un uccello brutto o un cervo brutto. La natura è spontaneamente bella.
Solo l'uomo diventa brutto. E la cosa strana è che solo l'uomo cerca di essere bello. Nello sforzo di diventare bello, arriva la bruttezza. L'idea stessa di essere bello rivela l’ammissione di essere brutto: l'idea si fonda nella tendenza all’autocondanna. Una cosa è certa: la persona che cerca di essere bella ammette la propria inferiorità, la propria bruttezza, la propria inutilità. Cerca di nasconderla, di coprirla, di migliorarla. L'uomo è l'unico animale che cerca di essere bello ed è l'unico animale brutto.»

Osho, God's Got a Thing About you #6

Buona lettura!!!
Marga