Puoi anche
uccidermi…
...ma non
rovinarmi i baffi!
Un dentista alle prese
col suo maestro
Un maestro sfrutta ogni occasione per risvegliare la consapevolezza dei suoi discepoli, usando mezzi misteriosi e spesso incomprensibili... e così mentre Devageet lavora sui denti di Osho, questi “lavora” su Devageet che racconta:
Dal 1987 in poi, durante le sue sedute dentistiche, capitò diverse volte che Osho parlasse mentre stavo usando il trapano!
L’odontoiatria è una scienza artigiana che richiede grande attenzione al dettaglio per assicurare il miglior risultato clinico ed estetico.
I metodi di ricostruzione e chirurgia dentale sono tanti e svariati e i numerosi arnesi di lavoro esprimono una storia di abilità meccanica che si manifesta nell’uso dell’acciaio inossidabile al fine di realizzare l’arcano proposito di un’eccellenza clinica di cui nessuno si cura e che nessuno conosce, al di là degli addetti ai lavori.
In qualità di dentista personale di Osho avevo a disposizione la strumentazione migliore e mi piaceva proprio usarla al meglio della mia abilità; e del resto in quanto a design e funzionalità era veramente ad alto livello – elegante, precisa – e il risultato di una seduta dentistica poteva essere previsto con esattezza nei limiti della propria esperienza e capacità.
Ma non con Osho…
Era assolutamente normale che turbasse continuamente il campo di concentrazione che creavo per eseguire il lavoro con tutta la precisione di cui ero capace: ero il suo dentista ma anche il suo discepolo e lui studiava ogni strategia per sabotare deliberatamente il lavoro dentistico nel suo impegno a risvegliare il discepolo!
Per mantenere l’area di lavoro pulita e asciutta, in bocca devono essere introdotti dei tamponi di cotone; per assorbire la saliva si usa un sistema di suzione mentre i residui del lavoro vengono eliminati da un piccolo aspiratore ad altissima velocità che viene gestito dall’infermiera. Inoltre i denti devono essere isolati dalla gola attraverso una barriera di gomma, una vera e propria… diga.
In normali condizioni di lavoro la bocca è una cavità piuttosto piccola per contenere tutti questi aggeggi e se aggiungiamo l’impatto di un trapano ad altissima velocità e di due dita che lo guidano, lo specchio per controllare ciò che succede e – si spera – dirigere l’azione, diventa ovvio che l’arte dentistica non è un gioco facile. Lavorare attraverso uno specchio significa che l’immagine riflessa – il dente e il tessuto orale – è opposta a ciò che è realmente: la destra è in realtà la sinistra, il davanti è il dietro, il su è il giù!
Oltre a tutti i normali fattori di rischio di una normale operazione dentistica, la bocca di Osho era circondata di peli abbondanti e ribelli! La sua barba non smetteva mai di crescere e nel periodo dei nostri ultimi appuntamenti gli arrivava al di sotto della vita: un’enorme cascata di fili d’argento ognuno dei quali sembrava opporsi con determinazione alla mia pratica dentistica. Ma i veri guardiani della bocca di Osho erano i suoi baffi: spessi, grandi, lunghi e pieni, mantenevano una vigilanza costante che mi obbligava a rispettare le loro intenzioni mentre allo stesso tempo cercavo di aggirare i loro indubitabili sforzi di tenermi fuori!
Sapevo che i baffi di Osho non avevano niente di personale contro di me. Dopo tutto facevano il loro lavoro e io ero chiaramente un intruso, una presenza non gradita, un invasore, un discepolo che osava avvicinarsi ai denti del suo maestro!
Osho si divertiva sempre molto a osservare tutta la farsa dentistica a vari livelli e specialmente, sospetto, a osservare i miei miseri sforzi di addomesticare i suoi baffi selvaggi e dotati di una loro volontà.
Ma il giorno dei baffi doveva ancora arrivare…
Osho aveva sempre parlato spontaneamente durante le precedenti sedute dentistiche e in questa particolare occasione il lavoro che intendevo fare era una semplice pulizia e lucidatura dei denti. Niente di pericoloso in sé, a parte il fatto che il trapano a bassa velocità su cui era montata la spazzola per lucidare i denti davanti avrebbe potuto restare intrappolata nei suoi grossi baffi che cascavano sul labbro superiore. Lavorando sui denti davanti avrei dovuto tenere il labbro per far sì che i baffi stessero lontani dal trapano. Ammesso che non parlasse sarebbe stata un’operazione abbastanza semplice, ma, se avesse parlato, i baffi sarebbero stati immediatamente intrappolati nella spazzola rotante.
Lo spiegai a Osho…
“Devageet, puoi uccidere il mio corpo, ma non rovinarmi i baffi” rispose con delicatezza e una certa enfasi…
Non accennò al fatto di parlare o non parlare, ma era chiara la sua posizione rispetto ai baffi…
Cominciai lentamente, molto allerta e attento. Osho era immobile e silenzioso. Il silenzio nella stanza si era fatto più profondo mentre le persone nella stanza entravano in meditazione.
All’improvviso parlò!
Immediatamente la spazzola catturò i baffi pendenti, infilandoli nella testa del trapano. Io veloce tolsi il piede dal pedale e mollai la presa dal trapano nello sforzo di minimizzare la quantità di peli che erano stati raccolti dallo strumento oramai fermo. Il trapano oscillò tristemente, sostenuto dal suo braccio metallico… ed era ancora attaccato ai suoi baffi…
Ero in shock…
Nityamo, l’infermiera, guardava ad occhi sbarrarti la quantità di peli intrappolati nella testa del trapano. E lentamente grossi lacrimoni cominciarono a uscire da sotto i suoi occhiali rotondi, rendendosi visibili per alcuni istanti prima di dissolversi nel tessuto assorbente della sua grigia mascherina chirurgica.
Con cura esaminai l’entità dell’intrappolamento per vedere se sarebbe stato possibile recuperare e salvare almeno in parte la massa di peli catturati. Rimossi la spazzola e con grande pazienza e abnegazione liberai ogni singolo pelo dell’amato baffo, inconsapevole delle mie stesse lacrime finché la mia mascherina non si inzuppò. Con le pinzette riuscii ad estrarre la maggior parte dei peli. Poi tolsi la testa del trapano nel tentativo di salvare alcuni peli ancora attaccati agli ingranaggi.
Mentre lavoravo mi accorsi che sul labbro di Osho c’era una macchia di olio e grasso. Nityamo delicatamente la ripulì con un cotton fioc e le sue dita snelle riportarono con una leggera carezza i baffi al loro posto, quasi scusandosi.
Ma quattro lunghi peli erano irrimediabilmente intrappolati nella macchina in miniatura.
Durante tutta la vicenda Osho non aveva detto nulla e aveva smesso di parlare non appena l’incidente era accaduto.
“Osho, sono riuscito a liberare la maggior parte dei peli dei tuoi baffi, ma ci sono quattro peli che non posso salvare. Mi dispiace. Li devo tagliare” la mia voce riverberava la mia tristezza.
Osho non disse nulla, il silenzio era immenso.
Tenevo i quattro baffi con le pinzette, mentre Nityamo li tagliò vicino alla radice. Quei quattro peli fedeli erano stati “terminati” dal mio trapano dentistico… mi sentii come a lutto. Amavo i suoi magnifici baffi anche se rendevano il mio lavoro più rischioso. Sapevo che non avrei potuto fare niente di meglio, ma questa consapevolezza non diminuiva il mio senso di tristezza e responsabilità. Parlai: “Osho, dovrò continuare la pulizia un altro giorno. Sto ancora tremando, mi dispiace”.
Lui rimase in assoluto silenzio.
Dopo qualche istante sussurrai al
suo orecchio: “Il lavoro dentistico è finito per oggi”.
Osho restò immobile. Eravamo tutti seduti in silenzio, aspettando un suo segno che era pronto a riportare la sua sedia dentistica alla posizione seduta. La stanza, con i cinque discepoli seduti intorno al suo maestro, era in profondo silenzio.
Dopo qualche momento mosse quasi impercettibilmente la testa. Schiacciai l’interruttore e la sedia ronzando tornò su. Vivek, ai suoi piedi, gli porse i sandali da infilare e poi si alzò in piedi. Lui si tirò su lentamente e con grazia, si girò verso di noi facendoci namastè a turno e se ne andò, prendendo Vivek per mano mentre usciva dalla stanza.
Io e Nityamo mettemmo i peli “terminati” in un luogo sicuro…
Tratto dal libro “Osho, The First Buddha in the Dental Chair” Sammasati Publishing, pubblicato solo in inglese